126° Consiglio Nazionale FABI: Andrea Orcel incontra i vertici FABI
Articolo di Filippo Virzì tratto dal periodico mensile della Fabi Gruppo UniCredit "Uni-Inform" numero 11 - dicembre 2021 diretto da Marco Tinterri
Fra gli ospiti il 13 dicembre 2021 anche Andrea Orcel Amministratore Delegato di
Unicredit che ha presentato il suo nuovo progetto. Una banca “paneuropea” ma
radicata nel territorio.
“Fin dalla nascita, Unicredit, doveva essere una banca
“paneuropea” ma col tempo è parsa aver smarrito questo suo DNA - sostiene Orcel
- e, anche se adesso si pensa che avere una radicata banca in molti paesi sia
un problema, fortunatamente è anche più facile, grazie alla tecnologia, gestire
i vari paesi dove si è presenti. Il nuovo corso - ha continuato - deve
soddisfare in maniera bilanciata gli interessi dei tre stakeholders (clienti,
azionisti e dipendenti)”.
Niente di nuovo e particolarmente originale verrebbe da
dire, anche perché il soddisfacimento degli stakeholders è apparso un mantra di
tutti i Ceo delle varie banche che si sono alternati sul palco del Palaghiaccio
di Milano. Parlando però degli stakeholders che ci interessano, i dipendenti di
Unicredit, Orcel ha assicurato che l’obiettivo è di reinvestire 1 miliardo dei
ricavi di Unicredit in assunzioni, bene, e implementazione del processo
digitale.
“Crediamo in una crescita della banca puntiamo su persone e
digitale - ha infatti affermato - per una crescita organica in Europa noi
abbiamo, di fatto, il capitale sufficiente per esserci ed è corretto che parte
di questo capitale ritorni al mercato. Anche se allo stato attuale non sono
previsti altri investimenti su banche estere ma la creazione di valore per
Unicredit”.
La “digitalizzazione” è vista da Orcel e, anche qui, dagli
altri Ceo, come una sorta di inevitabile destino delle banche che si devono
confrontare con realtà più aggressive e meno vincolate ad adempimenti “formali”
come gli istituti bancari ma è anche, sotto sotto, considerata una sorta di
panacea di ogni male. Un modo per guarire inefficienze strutturali e carenze di
personale.
L’intervento di Orcel è poi proseguito con un confronto serrato con il Segretario Generale della Fabi Lando Maria Sileoni, il segretario nazionale Mauro Morelli ed il coordinatore di gruppo Stefano Cefaloni. Diversi gli argomenti sul tavolo. Si è parlato di esigibilità degli accordi stipulati coi sindacati, dell’attuazione delle deleghe che “dal centro vanno verso la periferia” e della reazione, entusiasta, dei mercati al piano di sviluppo recentemente presentato.
“Se i colleghi non sono coinvolti - ha incalzato Morelli su
quest’ultimo punto - difficilmente verranno raggiunti gli obbiettivi. Se i
clienti entrano in banca “svogliati” è difficile immaginare un percorso
redditizio che vada verso la soddisfazione dei tre stakeholders”.
Per Stefano Cefaloni l’attenzione va soprattutto ai 36.000
lavoratori presenti in Italia, attraverso la gestione di buona e nuova
occupazione ed il bilanciamento della stessa tra i vari segmenti della banca,
ponendo anche grande attenzione ad un significativo riconoscimento del lavoro e
della produttività. “In questo - ha concluso Cefaloni rivolgendosi ad Orcel - ci aiuta la sua
dichiarazione di distribuire 16 miliardi agli stakerholders. Tra questi vanno
certamente annoverati anche i dipendenti.”
Il confronto si è chiuso con uno scambio fra Sileoni ed il
Ceo di Unicredit. “Orcel pare voler riscattare il senso di appartenenza dei
dipendenti - ha detto il segretario Generale della Fabi – disponendo fra le
altre cose, a differenza di Mustier, anche il potenziamento delle filiali. Come
la vicenda Mps ha ben dimostrato, Orcel ha anche ben presente l'importanza del
rapporto fra le banche e la realtà politica italiana. Mentre Mustier, con i
suoi comportamenti, in questi quattro anni, ha dimostrato di non avere avuto
sensibilità per l’Italia. Neanche per il condominio dove abitava a Milano tre
giorni alla settimana”.
“Pur essendo italiano sono solo sette mesi che lavoro in Italia, visto che precedentemente ho sempre operato all’estero - ha replicato Orcel. - Sto osservando e imparando. Per quanto concerne MPS, la situazione esisteva già prima che io arrivassi in Unicredit. Non fare nulla era la cosa più facile, vista la situazione, discutere il percorso e le condizioni per entrambe le realtà la più ardua, ma anche la cosa giusta da fare. In buona fede. Da entrambe le parti c’è stato il tentativo di arrivare ad una soluzione, con tutte le difficoltà del caso, visto che la controparte era in parte a gestione pubblica. Si è lavorato in modo costruttivo ma alla fine non si è arrivati ad un accordo. Ne abbiamo preso atto. In futuro, se potremo aiutare MPS lo faremo. È una banca importante e storica e merita di avere un futuro. Per il momento non abbiamo alle liste nuove acquisizioni.”
Ma c’è già chi sussurra...per il momento, appunto.
Uni-Inform
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Filippo Virzì

