Unicredit compliance: istruzioni per l’uso
Articolo di Filippo Virzì tratto dal periodico Uni-Inform della FABI n. 10 mese di novembre 2019
Si sente sempre più parlare della “Compliance aziendale”,
spesso senza individuare il significato e i confini operativi di questo ruolo
strategico per la competitività aziendale e in alcuni casi anche richiesto dai
regolamenti.
L’esperto di Compliance è colui che cura e consolida
l’immagine aziendale dal punto di vista della correttezza delle procedure e del
rispetto delle norme.
Tutto ciò, al fine di non incorrere in sanzioni che
potrebbero danneggiare la reputazione dell’azienda nei confronti dei clienti,
dei partner e di tutti gli stakeholders in generale.
Ma chi esegue materialmente le indicazioni della “Compliance
aziendale” sono i lavoratori, vera anima di questo sofisticato ingranaggio.
Adesso più che mai rileviamo in UniCredit che non sempre i
colleghi (dal semplice consulente al direttore di filiale) hanno contezza di
cosa significhi essere “Compliant”. Non tanto perché non conoscano la normativa
ma perché, ancora oggi, nonostante gli accordi stipulati, sono costretti dalla
spasmodica attenzione aziendale per l’ottenimento giornaliero dei risultati commerciali,
a seguire i corsi di formazione come se si trattasse di fastidiosi orpelli,
fino a perdere la percezione del rischio che si può correre non attenendosi
rigidamente alla normativa aziendale.
Essere lavoratori totalmente rispettosi della “Compliance” e
quindi perfettamente allineati a rigidi regolamenti, corrisponde ad applicare
pedissequamente la normativa vigente durante tutta l’attività lavorativa. Va da
sè, che se questo avesse come conseguenza risultati commerciali non in linea
con quanto atteso e preteso dalla parte commerciale dell’azienda è, con tutta
evidenza, un problema al quale non dovrebbe sentirsi in dovere di porre rimedio
il singolo lavoratore.
È indispensabile infatti ancora una volta evidenziare come
parti palesemente contrapposte della banca, la funzione compliance e controlli
e quella commerciale, sembrino voler perseguire interessi in conflitto,
finanche a volte chiaramente inconciliabili. Da una parte la massimizzazione ad
ogni costo del profitto, dall’altra, non senza una certa ipocrisia e solo a
profitto ottenuto, la pretesa del rigido rispetto di regole e la conseguente
erogazione di contestazioni disciplinari, a volte a distanza anche di anni, se
si evidenzia un errore o un preteso tale.
Nel vortice dell’operatività quotidiana, poi, può succedere
- anche se non dovrebbe - di perdere di vista qualche dettaglio, così che
spesso capziosi cavilli sono alla base di contestazioni sempre più frequenti
che a volte riguardano non solo la sostanza ma anche la forma. E capita addirittura
che nel “furore disciplinare” vengano emesse contestazioni che a volte ci
paiono del tutto infondate.
A fronte di tutto ciò è pertanto indispensabile essere a
conoscenza della normativa corrispondente all’operazione che si sta ponendo in
essere, prendendosi tutto il tempo necessario per approfondirla, così da non
incorrere, per così dire, in sgradevoli “incidenti” di percorso.
Il delirio delle classifiche e dei risultati non deve
portare ad azioni di cui potersi pentire. Solo una sana competizione può
portare buoni risultati, di certo non l’antagonismo.


