INTESA SANPAOLO : CHIEDIAMO EQUILIBRIO ED EQUITÀ NELLE SCELTE E CHE NON SIANO SOLO I LAVORATORI A PAGARE LO SCOTTO DELLA CRISI.
Occorre equilibrio pure nelle scelte dolorose, evitando che siano solo i lavoratori a pagare il peso della crisi che, investendo la nostra economia, si propaga al sistema bancario.
Lo sosteniamo in riferimento alle compressioni economico-normative ed ai tagli occupazionali operati e preannunciati da Intesa Sanpaolo, gruppo più grande e solido del Paese. E’ innegabile che la banca registri un calo di redditività unitamente alla crescita di crediti inesigibili e che le transazioni allo sportello si siano ridotte, comportando la minore produttività pro capite per addetto. E’ altresì comprensibile che in conseguenza il management intenda intervenire sui costi non riuscendo ad implementare i ricavi, tuttavia tali interventi, a parer nostro, non devono implicare il solo sacrificio della forza lavoro bensì devono estendersi a tutti gli stakeholder.
La peculiare composizione dell’azionariato di IntesaSanpaolo che registra circa un terzo del capitale in carico alle fondazioni di origine bancaria dovrebbe, per le ragioni costitutive delle stesse fondazioni, consentire interventi più graduali e meno mirati sulle risorse umane. Fa specie che proprio da questi sodalizi e, segnatamente, dalla Compagnia Sanpaolo e dalla Fondazione Cariplo non si sia registrata alcuna presa di posizione sul licenziamento degli apprendisti e sulla indisponibilità del management del colosso bancario a riconoscere la validità della normativa sindacale di gruppo scaturente proprio dalle fusioni tra aziende volute dagli enti di cui trattasi. E non si dica che le fondazioni non possono pronunciarsi sulle questioni che attengono la gestione della Banca posseduta,atteso che circa molte altre vicende di minore momento abbiamo registrato sovente interventi. Come può essere spiegabile che talvolta si accordino e talaltra si accapiglino per stabilire se il gruppo ha più ascendenze torinesi che milanesi o per rivendicare una poltrona di direttore generale, piuttosto che di presidente di una qualunque società del gruppo e, invece, siano indifferenti rispetto a questioni socialmente dirimenti che riguardano la banca e il suo personale? Si tratta di un quesito retorico al quale non troveremo risposta!
Dal nostro canto responsabilmente, in spirito unitario con le altre OO.SS. del tavolo, faremo quanto possibile nella condizione data per evitare l’arretramento delle condizioni dei lavoratori. Abbiamo per certo che un sindacato responsabile, quale noi legittimamente ci riteniamo, dovrà effettuare una approfondita valutazione sulla opportunità di mantenere al lavoro persone che hanno conseguito il diritto a pensione mentre la Banca licenzia i giovani e lo fa per porre i lavoratori gli uni contro gli altri.
Ribadiamo che in tale contesto è lecito attendersi una chiara presa di posizione di quegli enti con chiare finalità sociali che risultano, per significativa quota, parte presenti nell’azionariato di IntesaSanpaolo, sperando che questi non si limitino solo a reclamare più robusti dividendi e incarichi per i propri maggiorenti, tentando (una volta tanto) di dare al gruppo un indirizzo unitario. Quell’indirizzo unitario che costituisce, invece, la forza dei lavoratori del gruppo e delle loro organizzazioni sindacali fuori da egoismi territoriali e contrapposizioni generazionali.
Reputiamo che in relazione a quanto precede anche le istituzioni locali e nazionali debbano fare la loro parte, per il peso e il ruolo che IntesaSanpaolo si è dato come “banca per il Paese”, registriamo in tal senso positivamente l’intervento del ministro del lavoro Elsa Fornero che, forse memore dei suoi trascorsi in ISP, ha convocato d’urgenza i vertici della Banca per chiedere conto delle scelte operate in tema di licenziamento dei giovani apprendisti.
Milano, 8 ottobre 2012


