UNRELIABLE (=INAFFIDABILE) e, leggendo, capirete perché - !
Unicredit ha illustrato oggi al network del gruppo la nuova struttura organizzativa della rete commerciale italiana che sarà operativa a partire dal prossimo gennaio 2013. La stampa ha riportato la notizia chiarendo che si tratta di un’ulteriore riorganizzazione decisa dal consiglio di amministrazione di Unicredit.
Ormai le ristrutturazioni, le riorganizzazioni, le ricostruzioni, i rifacimenti, i restauri non si contano più, mentre è ammirevole la fantasia e l’estro usati dai “cre@ti#i” di turno per denominare i piani di volta in volta presentati: One4C, One4Q, ecc., per arrivare all’ultimo in ordine di tempo denominato Gold, ciascuno, acronimo - rigorosamente in inglese - di frasi e/o ambiziose aspettative di risultati che poi nel tempo si rivelano invariabilmente mancati o falliti.
In quest’ultimo caso il CEO Ghizzoni ha affermato al colto ed all’inclita che “il nuovo assetto della rete commerciale italiana di UniCredit sarà in grado di garantire una migliore capacità di risposta ai bisogni dei clienti attraverso un’organizzazione più semplice, processi decisionali più rapidi e maggiore efficienza operativa”. Per tutta risposta, (come avviene, di solito, ad ogni ristrutturazione di facciata), il titolo ha perso valore.
Ma, ormai ci siamo abituati al crollo continuo delle quotazioni; e ciò nonostante Unicredit - abbandonato l’esaltato modello divisionale - si sia via via riconvertito al modello tradizionale; quello, per capirci, perfettamente efficiente e funzionale che abbiamo tutti apprezzato al Banco di Sicilia, al Banco di Roma e Bipop e che utilizzava pure il vecchio Credito Italiano, modello che aveva permesso a quella banca la grande espansione, assolutamente vanificata dai successivi momenti di vanagloria, che ha portato ai (ne)fasti dell’attuale gruppo bancario.
Il meccanismo della continua riorganizzazione aziendale (paragonabile al modello della rivoluzione permanente d’ispirazione trotzkista) non ha portato oggettivi vantaggi né economici né organizzativi al gruppo bancario, ma ha creato caos e disorganizzazione i cui effetti sono palpabili, da un lato, solo a guardare il trend discendente del titolo e, dall’altro, solo a vedere lo stato dell’azienda e, soprattutto, il morale dei Dipendenti.
Oggi, purtroppo, dobbiamo ancora sentirci ripetere come un mantra che “il motto sarà meno divisioni e più territorio” e che il nuovo progetto prevede che “la rete in Italia venga semplificata con sette minibanche” ed ancora che “nel nuovo modello, dunque, in Unicredit, saranno prevalenti le geografie rispetto alle segmentazioni di business, anche se il piano non prevede la creazione di entità legali cui conferire le diverse attività bancarie nazionali”. Attenzione non si tratta di frasi decontestualizzate e quindi di non facile interpretazione. Sono i principi operativi cui si ispirerà il gruppo.
Fra le tante “perle” il Ghizzoni aveva già, in un recente passato, provveduto a dichiarare che “c’è stato un grosso problema di erogazione del credito nella parte finale del 2011 e nella prima parte di quest’anno, non per mancanza di volontà ma per mancanza di liquidità”. Non c’è male come affermazione per una banca in generale: figuriamoci per una banca di dichiarate grandi dimensioni che vanta un bacino internazionale e che è stata inserita fra le 29 banche “too big to fail” (troppo grandi per fallire) sottoposte, cioè a norme di salvaguardia in caso di liquidazione, miranti ad evitare che “il costo di eventuali loro fallimenti ricada sui contribuenti”.
Eppure l’ineffabile manager oggi ha continuato sollevando dubbi sul poter “garantire la stabilità organizzativa”, mentre solo poche settimane fa aveva spiegato che per raggiungere i risultati auspicati erano previste uscite dal ciclo lavorativo di altri 3500 Dipendenti che (aggiungiamo noi), uniti ai precedenti pensionati, prepensionati, esodati e ceduti, come servi della gleba (insieme ai rami d’azienda), avrebbero portato ad un totale di quasi 15.000 i colleghi messi alla porta su meno di 60.000 dipendenti complessivi in Italia: 1 Dipendente su 4 fuori dal ciclo lavorativo e caricato sulla collettività (Inps, Fondo esuberi ecc.).
Ma, al di là delle “ottimistiche”, nel loro complesso, esternazioni del ns CEO, stante il perdurare della crisi, ci chiediamo: fino a quando Unicredit sarà in grado di garantire stabilità patrimoniale e liquidità?
Peggio della Fiat e della Peugeot che - oggettivamente - lavorano in un settore caratterizzato da una grande contrazione del mercato e non beneficiano degli aiuti degli Stati che arrivano alle banche attraverso la Banca Centrale Europea.
A questo punto ogni commento appare superfluo, in una parola … no comment!
E’ giunto però il momento in cui le Lavoratrici ed i Lavoratori possono dare un grande segnale di presenza.
Partecipiamo uniti e con forza alla giornata di sciopero del 27 luglio.
I Coordinatori Territoriali di Unicredit Sicilia
Dircredito - Fabi - Fiba/Cisl - Fisac/Cgil - Sinfub - Ugl Credito - UilCa

