LA SCONFITTA DELL'EGOISMO APPROVATO L'ACCORDO SUL NUOVO CCNL CON IL 60% DEI CONSENSI


La tornata assembleare per l'approvazione o meno dell'ipotesi di accordo sul nuovo contratto dei bancari ha visto, in pratica, la categoria  spaccarsi quasi a metà.
Da una parte i favorevoli, dall'altra i contrari e gli astenuti, con una  prevalenza non entusiasmante dei primi sui secondi.
Ma il dato su cui riflettere è quello della stragrande maggioranza dei  non partecipanti, cioè una parte, oltre due terzi della categoria, non si è recata alle assemblee e, quindi, non ha votato.
Recuperare un rapporto costruttivo con quelle migliaia di colleghi  diventa una delle priorità su cui il sindacato deve agire, con  chiarezza, per recuperare con loro un proficuo dialogo basato su dati,  fatti e proposte concrete tese a ragionare su cosa è accaduto prima,  durante e  dopo la firma del 19 gennaio scorso in Abi, non solo nel nostro comparto.
Questo servirebbe a "bonificare" il nostro settore dalle menzogne seminate ad arte da pochi provocatori di nemmeno tanto incerta  provenienza, con interessi a tutt'altro legati, verso molti lavoratori nel  corso delle varie assemblee, molte delle quali trasformate in una sorta  di ignobile tiro al piccione, di partigiana memoria, da chi crede che il  mondo si sia fermato il giorno in cui sono entrati in banca.
Ma, finalmente, la nottata è passata, e prevalendo il buon senso, avremo  un contratto che, pur a tempo, ci farà recuperare sull'inflazione, ci  preserverà l'area contrattuale e creerà i presupposti per una nuova e  stabile occupazione a quei  seimila precari rimasti fuori dalla  banca, che rischiavano di rimanere disoccupati qualora il nuovo contratto  non fosse stato approvato, complice pure il negativo effetto dell'ultima, iniqua,  riforma pensionistica.
La solidarietà ha vinto sull'egoismo di non pochi sprovveduti, probabili assidui lettori  di soli quotidiani sportivi che, più o meno ingenuamente, hanno creduto a  chi gli raccontava che il bancario, una volta applicato il nuovo  accordo, avrebbe perso dai tre ai quattromila euro l'anno, lavorando  oltretutto con un orario spezzato da una pausa pranzo di quattro o cinque ore, dalle otto e trenta alle ventidue; persino questo è stato detto da chi aveva il solo intento di rovesciare il banco ed avviare la categoria verso l'incertezza.
Con tale scenario pensate come molti lavoratori arrivavano alle  assemblee e, in buona fede, rischiavano di distruggere tutto ciò che si  era costruito nelle nottate di gennaio passate in Abi : la difesa  dell'area contrattuale, la lotta alle esternalizzazioni, un futuro meno  incerto per migliaia di giovani, la possibile ripresa produttiva di un  settore, quello del credito, strategico per rilanciare l'economia reale del Paese.
Ci serva di lezione e a mio avviso, d'ora in poi, dovremmo isolare chi,  pur di spaccare l'unità delle organizzazioni sindacali, facendo un grosso regalo ai banchieri, si ricordano di avere un contratto  solo quando c'è da criticare, mai quando c'è da costruire qualcosa di veramente importante,  e non solo per se stessi. 
 Ora le commissioni inizieranno a lavorare in Abi su vari aspetti normativi del contratto che incidono direttamente sulle pari opportunità, sui profili professionali e sul clima aziendale, tenendo ben presente la salvaguardia dei livelli occupazionali e della professionalità del lavoratore bancario.
Sarebbe stato facile urlare alla controparte e nelle assemblee che bisognava ottenere il doppio di aumento, magari lavorando di meno; una tesi che sicuramente ci avrebbe garantito facili consensi ed applausi, poi, però, sarebbe diventato complicato far quadrare i conti ed individuare come recuperare le risorse necessarie in un sistema dove gli utili crollano.
Siamo, purtroppo, ancora nel pieno di una crisi che ha messo in luce le contraddizioni di un capitalismo finanziario che da troppo tempo domina il contesto economico mondiale: non è tanto questione di Berlusconi, Prodi, D'Alema, il problema è che bisogna voltare pagina sul modo di produrre che fino ad oggi ci è stato imposto.
Le scelte politiche dei “grandi del pianeta”, negli ultimi vent'anni, sono state tutte fallimentari per l'economia reale dei singoli stati, in quanto alla globalizzazione della finanza non è seguita una organizzazione uniforme del mercato finanziario mondiale, con precise regole da rispettare in tutto il mondo.
Non possiamo continuare ad assistere impotenti ai suicidi di decine e decine di lavoratori e piccoli e medi imprenditori che hanno perso l'onore e la dignità dinanzi ad uno Stato capace solo a tagliare investimenti ed imporre nuove ed insostenibili tasse, senza precisi progetti per favorire una ripresa economica che sia, al tempo stesso, ambientalmente e socialmente sostenibile, ed in grado di ricostruire un futuro ai milioni di disoccupati del nostro Paese.
Noi bancari, invece, con questo contratto, in parte ci siamo riusciti, partendo proprio da un principio di solidarietà generazionale senza il quale nulla si puo costruire di veramente positivo.

Roma, 20 aprile 2012                                                 
                                                                                         LA SEGRETERIA NAZIONALE                  

Post più popolari