DELOCALIZZARE E' TRADIRE L'ITALIA DI GIUSI CANNELLA (UGL CREDITO)


A cominciare daglia anni '80  e come conseguenza della globalizzazione, assistiamo in Italia ma anche in altri paesi industrializzati al fenomeno della
delocalizzazione , cioe' a quel fenomeno per cui le imprese decidono di far fabbricare parti di prodotti o prodotti completi in un paese straniero  che presenta particolari vantaggi economici rispetto al paese di origine: costo del lavoro minimo, know -how a buon mercato , personale professionalizzato a basso costo, in grado di parlare un buon italiano ( nel caso dell'Italia),presenza di infrastrutture.

Negli ultimi anni assistiamo purtroppo a una delocalizzazione selvaggia, mirata solo ed esclusivamente alla riduzione dei costi nel breve periodo, senza alcuna strategia per il lungo periodo e con una forte perdita di posti di lavoro nel paese di origine.

 La formazione di una classe manageriale,  capace di inseguire una strategia competitiva   nel lungo periodo, potrebbe limitare i danni e gli effetti negativi di una delocalizzazione mirata soltanto a una maggiore efficienza nel breve periodo.
  La formazione professionale, quale sia il ruolo,  e' di importanza strategica nel mondo produttivo .
E della formazione deve farsi carico il governo, sia nazionale che regionale
In Italia lo Stato  non ha affrontato ne' una politica attiva per il lavoro ne una politica industriale;la soluzione alla crisi economica e' data dalla famiglia.
Tra il 2001 e il 2006 il 9,9% delle imprese industriali italiane con almeno 50 lavoratori ha trasferito all’estero attivita' o funzioni precedentemente realizzate in loco.
L’Italia risulta il primo investitore in Albania e in Montenegro, il sesto in Romania, settimo in Croazia e nono in Bosnia e Bulgaria.
Uno dei fattori piu' importanti e'  l’incentivazione pubblica per l’attrazione di investimenti e la ricerca di nuovi mercati di sbocco.

Da tener presente che l'azienda che delocalizza punta ad una immediata riduzione dei costi  di produzione del bene o servizi che produce: i costi dell'energia , dei prodotti petroliferi, l'imposizione fiscale , gli adempimenti burocratici , la dotazione di infrastrutture.
Occorre dunque che il Governo legiferi per  mettere le imprese italiane in condizioni di poter e dover continuare a operare nel paese di origine;occorre fare rispettare alle imprese il Contratto Nazionale del Lavoro .
Ci sono  fattori di vantaggio competitivo legati a fattori strutturali, ambientali e burocratici  sui quali le istituzioni e la politica possono  influire ;
occorrono quindi interventi di politica economica ( politica degli incentivi, dei prezzi, dei redditi, dei fondi di dotazione delle imprese a partecipazione statale , degli orientamenti della spesa pubblica,della politica monetaria e creditizia), in modo da trasformare l'Italia e la nostra regione in particolare in un modello che offra servizi sempre migliori capace di attrarre investimenti .
Per  esempio incentivi alla produzione,  annullare  l'imposta sul reddito delle societa' che investono come fa la Bulgaria attira sicuramente investimenti esteri.
E ancora lo Stato puo' intervenire creando infrastrutture utili ad attirare risorse e a impedire che quelli esistenti sul territorio fuoriescano  creando nello stesso tempo  posti di lavoro nelle regioni in cui e' necessario.

 Giusi  Cannella 

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