Inizia la retromarcia sullo Smart Working, Zoom richiama tutti in ufficio




Si registra un netto cambio di marcia all'estero sullo Smart Working, il simbolo della retromarcia è Zoom, in Italia va regolamentato a tutti i livelli quindi  normato per evitare la giungla del lavoro a distanza, pertanto una missione davvero complicata per i sindacati dei lavoratori.

Vi propongo a seguire la sintesi dell'interessante editoriale del collega Alessandro Mauro Rossi, Direttore de L'Espresso.

Filippo Virzì

Sempre più aziende, soprattutto nel periodo del Covid, hanno cominciato a tenere a casa i loro dipendenti, facendoli lavorare da remoto, credendo di coniugare felicità e produttività. O almeno all’inizio sembrava così. Come prova dei benefici del lavoro da remoto era citato spesso uno studio di Nicholas Bloom, professore di economia a Stanford. Dalle sue ricerche veniva fuori che i dipendenti in remoto erano il 13% più efficienti dei loro colleghi in ufficio.
I collegamenti via Zoom, Microsoft Teams o Google Meet, alcune delle principali piattaforme per le riunioni via Internet, hanno spopolato per almeno tre anni spinti da opinioni favorevoli, studi, commenti. In sostanza il «tutti a casa» per lavorare sembrava il sol dell’avvenire della produttività e del benessere. Però, era sfuggito un piccolo avvertimento lanciato proprio dal professor Bloom. La produttività aumentava a due condizioni: che il lavoro da casa fosse volontario e che alla fine della settimana ci si ritrovasse comunque in ufficio a discutere di nuovi progetti attorno a un vero tavolo.

Ora siamo arrivati alla resa dei conti perché si sta registrando una migrazione inversa, ossia le aziende di Wall Street, che sono state le capofila dello smart working, stanno riconvocando i lavoratori in ufficio. E il fatto più curioso è che ha ordinato dietrofront ai suoi dipendenti anche Zoom. L’azienda simbolo dello smart sta chiedendo di tornare a lavorare parzialmente in presenza. Zoom vuole che tutti i dipendenti che si trovano entro 80 chilometri da un ufficio dell’azienda si rechino in sede almeno due giorni alla settimana. E pensare che nel gennaio 2022, solo il 2% lavorava in sede.

Nuove ricerche stanno dimostrando che gli uffici, pur con tutti i loro difetti, rimangono essenziali. Per molti lavoratori, quindi, il futuro sarà ibrido, con una settimana lavorativa divisa tra casa e ufficio, perché una migliore produttività va in questa direzione. E uno dei problemi italiani è proprio quello della produttività. Ci sarà pane per i denti del sindacato.


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